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Come si arriva ad esprimere emotività e sentimenti nei gruppi spettacolo? Intervista a Massimo Carraro.

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In attesa del campionato italiano la nostra voglia di show ci porta a incontrare Massimo Carraro, coreografo e allenatore, con alcune domande sulla stagione in corso per quanto riguarda i
gruppi spettacolo…

• Prima di tutto vorrei una tua panoramica generale sulla stagione in corso, che
impressione hai avuto ai campionati regionali veneti, che momento sta vivendo la
disciplina dei gruppi show?

M.C.
Credo che per i gruppi show questo sia un momento veramente incredibile e pieno di
opportunità. Ai campionati regionali in Veneto sono rimasto piacevolmente stupito dal
livello tecnico in netto miglioramento, dovuto sicuramente all’avvento del nuovo metodo di
giudizio Roll Art, sembra che tutti prestino maggior attenzione alla tecnica individuale.
Anche dal punto di vista coreografico la ricerca di alcuni gruppi è incredibile. Dal mio punto
di vista però sono ancora troppi i “cliché” che si tendono a seguire. Sarebbe bello che i
coreografi sperimentassero di più, rischiando sicuramente di sbagliare, ma nello stesso
tempo di trovare il carattere di ogni singolo gruppo. Una cosa che mi è piaciuta moltissimo
è stata la severità dei giudici veneti, che non hanno certo regalato alti punteggi. Questo mi
ha lasciato con una gran voglia di migliorare, soprattutto sul lato tecnico.

• Renovatio è un gruppo dall’identità molto ben definita e che ha portato nel mondo
dei gruppi spettacolo il tentativo di comunicare su più livelli, non solo quello estetico
legato al gesto atletico, alla spettacolarità della “forma”, ma con una dedizione nella
ricerca dei contenuti e nel racconto delle emozioni umane che ha sempre
contraddistinto i vostri lavori. Con riferimento a questo tema, a che punto siete del
viaggio, come vivete oggi la vostra “mission”?

M.C.
Diciamo che la strada è sempre in salita. Facendo parte di un determinato circuito è
difficile trovare la giusta formula per esprimere concetti profondi, sottili ed interiori e riuscire
allo stesso tempo a farli arrivare al pubblico. Noi non molliamo e ci proviamo sempre al
nostro meglio. Con Renovatio ho trovato il mio modo di esplorare emozioni e Stati d’animo
quali l’amore la gelosia e l’odio (Odi et Amo 2008), l’invidia (Caino, Abele 2010), la tenacia
(Io ti aspetterò 2013), o di esprimere e provare emozioni con la musica (Music 2012) e così
via per ogni coreografia. Il bello è che l’essere umano è così complesso che avremo
ancora molti spunti per i prossimi progetti.

• Raccontaci della coreografia, Renovatio presenta spesso temi molto intimi e che
nascono forse da vissuti personali… come é nata “Silence”?

M.C.
Silence è nata per rappresentare un particolare bisogno che ho sentito mio ma che sento
anche attorno a me, in particolare in questo momento in cui il mondo vive in una situazione
di continuo stress e ansia. Il bisogno di “fermare il rumore”. Quel rumore che spesso si
crea quando ci illudiamo che accumulando attività, lavoro, soldi, averi… si possa stare
meglio. Il bisogno di placare la sete di “ancora”. I bisogno di stare seppur per un attimo in
contatto con la realtà, dove c’è molta più gioia e bellezza di quanta riusciamo a sentirne
nelle nostre giornate quotidiane.

• Dal punto di vista coreografico, come è strutturata la coreografia? Qualche novità
rispetto ai lavori precedenti?

M.C.
La coreografia si suddivide in tre capitoli. Il primo racconta la quotidianità e lo stare nelle
cose abitudinarie senza apprezzarne veramente il significato. Questo però a lungo andare
provoca uno stato di insoddisfazione che proviamo a contrastare cominciando ad
aggiungere cose, a farne di più e più in fretta. Il secondo capitolo racconta il momento in
cui abbiamo così tanto a cui pensare, così tante cose da gestire che non riusciamo più a
vedere chiaramente. Il rumore degli impegni ci sovrasta e ci infastidisce a tal punto da
diventare doloroso (ho scelto il fischio dell’acufene come metafora di questo concetto). Ed
ecco che si apre il terzo capitolo, quello della risoluzione: toccando il fondo troviamo la
soluzione che è l’esatto contrario di quella che credevamo fosse la via d’uscita dalla stasi
della prima parte. La soluzione non è aggiungere ma togliere, ogni rumore, ogni
movimento ed accorgerci del vero significato di esistere mentre ascoltiamo solo il nostro
respiro. Questo ci fa fiorire e ci rende grati per qualsiasi cosa: dal più piccolo gesto fino
all’azione più grande, quella di condividere. In questa coreografia mi ritrovo a raccontare
qualcosa di intimo, molto diverso da VITAE dello scorso anno. La novità è che per la prima
volta siamo in 8 e per questo ci siamo dovuti rimettere in gioco, soprattutto per quello che
riguarda la tecnica di gruppo.

• Qual è il messaggio che la coreografia vuole portare al pubblico?

M.C.
Il messaggio che vorrei trasmettere è che a volte per cominciare a essere bisogna
smettere di fare. Rallentare e fermarsi per capire chi siamo a questo punto della nostra vita
e ricominciare ad apprezzarne l’essenza. Per questo motivo la parte finale della coreografia
esprime essenzialità ed è caratterizzata da una ricerca minimale, l’intenzione qui (devo dire
con molta difficoltà) è stata quella di inserire solo elementi tecnici che ritenevo necessari
affinché la coreografia potesse permetterci di ritrovare una forma primordiale, di godere
ogni singolo movimento e respiro e di condividerlo con il pubblico.

Abbiamo una grande occasione, diventare artisti oltre che sportivi.

• Il lavoro che proponete, oltre alla raffinatezza tecnica che da sempre caratterizza
Renovatio, ambisce a molto più che “mostrare un bel pattinaggio”. E’ centrale un
lavoro di ricerca, e l’intenzione di comunicare su più piani e in modo molto
coinvolgente. Come lavora un gruppo per sviluppare le qualità comunicative
necessarie a interpretare una coreografia tanto ambiziosa?

M.C.
Io credo che la disciplina del pattinaggio artistico sia così bella nella sua complessità che
fermarsi al gesto tecnico o limitare il suo sviluppo alla pista con i pattini ai piedi non possa
far esprimere le sue potenzialità. Per questo più di 10 anni fa ho cominciato con un
percorso di danza contemporanea, senza il quale sicuramente non avrei costruito il mio
stile. Ho capito però, grazie ai suggerimenti delle persone che ci seguono e di cui mi fido
molto nelle loro critiche, che bisognava fare un passo in più. Quest’anno soprattutto con
un progetto come “Silence” avevo bisogno di un lavoro basato sulla capacità di ascolto,
con un metodo ed un approccio che ci aiutasse a “sentire” di più e in modo diverso,
desideravo che il dialogo con il pubblico fosse più reale e autentico, più vero. Il caso ha
voluto, se volessimo parlare di casualità, che Diana Dalle Molle, con la quale ho pattinato
sia nella mia breve ma bellissima esperienza con la Compagnia Colours che in seguito in
Renovatio, stesse lavorando allo sviluppo di un progetto innovativo di training (artSKATERS
TRAINING N.d.R.) ad indirizzo artistico, espressivo e corporeo specifico per il pattinaggio
artistico. Ho così accolto la proposta iniziale di un laboratorio esperienziale per iniziare ad
esplorare questo nuovo approccio e devo dire che è stata davvero una interessante e
bellissima scoperta, una esperienza che auguro di fare a tutti i gruppi.

• Vuoi raccontarci qualcosa di questo Training? Di cosa si tratta?

M.C.
Quest’anno Renovatio ha affrontato un’inizio di stagione abbastanza difficile, quattro
ragazze per motivi personali hanno deciso di prendersi una pausa e questo ha cambiato il
nostro equilibrio. Abbiamo fatto questo lavoro nel mese di gennaio ed è stata
un’esperienza molto intensa. Il percorso di training costruito per noi aveva come obiettivi di
lavorare sul team building per creare e rafforzare il nostro Team, di analizzare attraverso un
lavoro esperienziale le emozioni, in particolare quelle che volevo raccontare nella
coreografia, ed imparare a farle emergere da noi stessi, ad esprimerle e condividerle, infine
di lavorare sul radicamento, la presenza e la consapevolezza. Ci siamo davvero messi tutti
in gioco, vedere le mie difficoltà e quella delle mie compagne, riuscire a superare i limiti che
ci eravamo imposti (capire soprattutto che questi limiti ce li eravamo imposti noi stessi!) è
stato come riscoprire Renovatio. Abbiamo cominciato a ricostruire il Gruppo: una nuova
rinascita. Sottolineo il fatto che abbiamo cominciato, perché un training come questo
lavora su obiettivi di breve, medio e lungo periodo, ed è quindi un lavoro ed un percorso
che richiede impegno, continuità e costanza per poterne raccogliere i frutti.

• Pensate quindi di portare avanti questo percorso?

M.C.
L’ideale sarebbe portare avanti questo lavoro parallelamente a quello tecnico in pista e di
danza. Presenza e consapevolezza sono attitudini basilari, così come lavorare sul team
building e l’identità di un Gruppo è fondamentale per chi pratica il nostro sport, con gli altri
miei gruppi ho già cominciato il lavoro sulla danza e questo sarebbe il completamento di
un percorso artistico ideale.

• Perché queste attitudini sono importanti per gli atleti di un gruppo di pattinaggio
spettacolo?

M.C.
Migliorare la propria capacità di attenzione, espandere la presenza, lavorare sull’individuo e
contemporaneamente sul gruppo in modo che l’atleta-artista viva attivamente e
consapevolmente, istante dopo istante, la coreografia, permette non solo di sviluppare e di
velocizzare l’apprendimento, ma migliora il lavoro stesso di costruzione della coreografia
sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, lasciando progressivamente sempre più
spazio per approfondire e dedicarsi ai dettagli, il tutto e a favore di un migliore lavoro in
pista, di ricerca artistica e di performance.
A tutti noi è capitato di dover affrontare problemi di coesione, reciprocità e fiducia
all’interno del gruppo. Spesso queste incomprensioni portano a stati di estrema tensione
determinando rallentamenti del lavoro se non brusche interruzioni. Il lavoro di Team
Building aiuta a rafforzare l’idea di gruppo stesso, coordina indirizzando la motivazione e
l’ispirazione di ogni singolo individuo nella stessa direzione per raggiungere gli obiettivi
prefissati, contribuisce a creare un clima di ascolto e fiducia, sostegno reciproco e
supporto migliorando la qualità dell’esperienza, e infine favorisce la crescita e l’espansione
di ogni atleta così come di conseguenza quella del gruppo promuovendo, in generale,
benessere. Tutti gli sforzi, la fatica e i “sacrifici”, se condivisi diventano qualcosa che dona
forza e coesione e che unisce il Gruppo. E ovviamente quando un gruppo coeso e
armonico scende in pista lo si nota. Anche la ricerca della propria Identità è fondamentale
per un gruppo spettacolo: significa essere riconoscibili in qualsiasi contesto, poter
affrontare qualsiasi tema senza perdere la propria filosofia e comunicare in modo
autorevole. Questa soprattutto diventa fondamentale per non correre il rischio di essere la
copia di qualcun altro.

• Pensi che il pattinaggio spettacolo dovrebbe investire in questa direzione?

M.C.
Assolutamente, ogni gruppo che vuole crescere e fare la differenza (e non mi riferisco solo
a posizioni di classifica) dovrebbe voler sviluppare tutte queste qualità, per poter essere
credibile e arrivare ad emozionare le persone, il pubblico.
Abbiamo una grande occasione, diventare artisti oltre che sportivi.

 

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