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Intervista a Marco Santucci, campione mondiale di emozioni.

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Presto a Roccaraso in pista i grandi campioni del pattinaggio a rotelle… Ecco a voi Marco Santucci!
Quando sei nato e dove vivi?
Cosa fai nella vita oltre che pattinare? 
Sono nato a Grosseto il 7 settembre 1989. Vivo a Castiglione della Pescaia e ne sono innamorato come ogni castiglionese. Da questo amore nascono la maggior parte dei miei impegni: faccio il giornalista e sono il corrispondente della mia città per il Corriere di Maremma, mi sto laureando in Comunicazione, Media e Giornalismo alla Cesare Alfieri di Firenze, e curo il blog di informazione locale marcosantucci.wordpress.com.

Interessi particolari? 
Sono eclettico: prendo tutto dalla vita. Mi interessa ogni cosa e penso non si debba mai smettere di imparare. Anche se il tempo libero è poco cerco di farci entrare tutto: per cui è molto facile vedermi vestito in body al volante della mia auto, ascoltando a tutto volume Vivaldi, mentre sto raggiungendo il mio migliore amico al bar. Fare sport, ascoltare musica, viaggiare, il cinema e… la buona cucina in compagnia.
Quando hai iniziato a pattinare, come nasce la passione? 
Penso la mia carriera sia iniziata in modo alquanto anomalo. Ho messo i pattini perchè mio zio è stato giocatore di hockey a rotelle per l’Hockey Club Castiglione, ha giocato per molti anni portando la mia società dalla serie C alla serie A. Volevo essere un hockeysta come lui, ma per farlo sono necessari degli anni di avviamento nel settore artistico per cui…. dopo alcuni anni in cui ho fatto entrambi gli sport eccomi qua!Da quanto pattini?

Ho iniziato molto presto, all’età di quattro anni. Era un giorno di settembre del 1993. Una bella giornata estiva quella in cui la mia mamma mi portò nel parcheggio del palazzetto. Me lo ricordo ancora nonostante siano passati 19 anni. C’erano i bambini di fronte che giocavano a calcio e mia mamma sentenziò: “Calcio no.. Dicono troppe parolacce!”. Mamma ci ha provato a farmi rigare dritto, ma dopo un ventennio sulle rotelle, le parolacce le dico lo stesso!Che effetto fa la parola “mondiale” per te?

Per me è stato un sogno e voglio lo sia ancora. Lo sogni tutta la vita, poi lo raggiungi e non te ne rendi conto. Dura troppo poco e solo quando è passato ti accorgi di quello che sei riuscito a fare. Per riuscire davvero a capire cosa vuol dire mondiale dovrei essere ancora il bambino che si sbuccia le ginocchia nella pista comunale, facendo finta di fare i salti che ho visto con il registratore (non c’erano i dvd!), ma con le medaglie al collo di adesso.
Quanto fa la parte artistica in un programma libero? Non pensi che nell’artistico spesso questa caratteristica venga a mancare, è sempre di minor importanza rispetto la tecnica?
Con me si sfonda una porta aperta. Per anni ho fatto della coreografia il mio cavallo di battaglia, salvo poi in “vecchiaia” cercare di essere più freddo possibile per risparmiare energie e mantenere la giusta lucidità. Purtroppo è una cosa necessaria perchè l’ambiente lo richiede. Ma io sono un pattinatore molto sanguigno, mi faccio prendere dalle emozioni e penso che la coreografia sia fondamentale soprattutto per chi fa i tripli: arrivati nella Senior sono tutti capaci di saltare, ma veramente pochi quelli che al mondo regalano emozioni. Quando pattino cerco sempre di trasmettere qualcosa: emotività ed energia passano attraverso di me ed arrivano al pubblico.
Non pensi che questo sia uno dei “talloni d’achille” del pattinaggio a rotelle?
No dai, credo sia una pecca, non proprio una debolezza. Per le grandi coreografie ci sono i gruppi, le danze, la solo dance. Poi basta guardare una coreografia del ghiaccio per capire che non c’è nulla da invidiare ai cugini della lama. I talloni d’Achille sono ben altri e sono molto più gravi. La mancanza di visibilità, di una giusta cassa di risonanza culturale e dei programmi di sviluppo a medio-lungo periodo degni di una disciplina che miri per davvero ai cinque anelli olimpici. C’è bisogno di creare interesse nel pubblico. Rimaniamo legati ad idee di venti anni fa: questo è il nostro tallone d’Achille. Ma ora abbiamo numeri più grandi, la tecnica è avanzata ed i paesi vicini sembrano pronti al grande passo: non possiamo continuare a guidare il pattinaggio guardando nello specchietto retrovisore. Ho un progetto in mente ma è ancora presto: lasciatemi ancora un po’ a giocare a fare il pattinatore e poi vedrete..
hai mai pensato di passare al ghiaccio?
Perchè no, tutti noi ci pensiamo. Lo facciamo quando ci troviamo una medaglia al collo ma le tribune sono vuote ed al telegiornale senti parlare di Kostner&Co. Oppure quando sfogli il giornale e vedi le olimpiadi invernali: la cosa mi affascina. Ma d’altra parte iniziare da zero un altro cammino è dura, non credo che avrei la forza di tornare a fare la “gavetta”…

marco oggi: allenatore? pattinatore? qual’è il tuo futuro in pista e…. fuori!
Marco oggi è sicuramente più dedito al pattinaggio di quanto non lo fossi alcuni anni fa: dopo la voglia di finire gli studi e di trovare un lavoro, sento ora il bisogno di concludere il mio cammino sulle rotelle prima di intraprendere altre strade. Il mio futuro è incerto, aperto e pieno di opportunità. Al momento la carriera universitaria è quasi al termine e potrei valutare sia di continuare a lavorare per la carta stampata, sia di fare una specializzazione (magari all’estero). Ovviamente la mia scelta accademica/lavorativa avrà conseguenze dirette sulla mia vita sportiva e viceversa. Mi piacerebbe allenare ma una cosa è certa: nel futuro prossimo non mi vedo ancora allenatore di club, ne sento la voglia di avere un atleta in nazionale. Lo prendo come un segno: sarò atleta ancora per un po’.

pattinatore idolo?
Ce ne sono tanti. Ma Luca Lallai è sempre il mio numero uno. Come persona e poi come pattinatore. Non si è mai montato la testa nonostante fosse il numero uno. Un esempio. Mi ricordo che quando ero piccolo ci eravamo allenati insieme e rimasi affascinato dal fatto che lui si scaldava con i doppi, mentre per me erano la cosa più difficile dell’allenamento. Dopo tanti anni oggi sono io a scaldarmi con i salti doppi, se ci ripenso ora è una cosa che mi fa sorridere ancora..Quanto conta la “testa” per eccellere nello sport?

É fondamentale. Riconosco di essere un gran motivatore, di trasmettere energia e di far mantenere la calma… agli altri! Invidio chi riesce ad essere freddo e concentrato nella competizione. È una cosa che mi porta via molte energie e sulla quale lavoro costantemente. Ma la testa è necessaria anche in allenamento. Credo di essere invidiabile sotto questo punto di vista. Come mi diceva sempre il “Mister” Fulvio Aloisi: una persona intelligente è già per metà un grande atleta.

Chi eccelle nello sport è preparato a superare le difficoltà della vita?
Sì, e non solo chi eccelle. Chi riesce ad imporsi in una disciplina sportiva acquisisce una marcia in più. Non c’è bisogno di essere un campione: basta saper spingersi al limite delle proprie possibilità, poi spostare il limite un po’ più avanti e ritentare. I limiti sono fatti per essere superati: nel pattinaggio, nello sport e nella vita. Se poi si parla di agonismo individuale ad alti livelli.. che nessuno mi venga a dire che una cosa è insuperabile!

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