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Il ruolo del coreografo nel pattinaggio a rotelle: l’esperienza di Sandro Guerra

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sandro guerra

Anno nuovo, nuovi cambiamenti.
Già negli ultimi campionati europei di gruppi show e a bordo pista a Roccaraso a giugno 2014, si respirava aria di novità su tutti i fronti. Cambiamenti nei regolamenti nella danza con la style dance, introduzione della categoria quartetti a livello mondiale, sempre più allineamento dal punto di vista regolamenti a livello internazionale… finalmente pare che il mondo dei Roller Games remi in modo univo verso una direzione.

Le parole in codice sono qualità, spettacolo e voglia di fare.

Di certo queste sono sempre state parole che da anni cerchiamo di portare avanti, nel nostro piccolo, anche noi di Skatingidea, documentandoci e confrontandoci sempre coi migliori atleti e allenatori del mondo, non solo guardando le novità ma entrandoci dentro. Cosa si può fare di più che parlarne, condividere i pensieri?

Nel week end come sapete è stato nominato il nuovo ct della nazionale italiana e Sabatino Aracu ha snocciolato alcune delle novità previste per il futuro citando l’artistico inline e discipline cugine come il Freestyle e il Roller Derby, abbiamo deciso di chiedere anche a una delle figure più influenti degli ultimi dieci anni dal punto di vista artistico e “visivo”, Sandro Guerra pluricampione del mondo sia in vesti di atleta che coreografo, cosa si può fare per far crescere in modo professionale e lavorativo questa disciplina.

“Qual’è la figura professionale che ha bisogno il pattinaggio a rotelle? Che posizione e formazione ha un COREOGRAFO?” Questo è l’argomento che abbiamo voluto approfondire.

 

Ciao Sandro, dopo una carriera cosi ricca di successi e soddisfazioni come agonista cosa ti ha spinto a rimanere nel mondo del pattinaggio?

La passione per questo sport e lo sviluppo del lato artistico in questa disciplina.
Ho voluto approfondire l’argomento coreografia.

Ci sono stati dei percorsi precisi professionali che hai seguito (es. corsi di formazione, mostre, studi di qualsiasi genere, esperienze formative) che vorresti indicare come particolarmente importanti per la tua crescita come coreografo?

Da un punto di vista della formazione culturale ho trovato fondamentale lo studio all’università delle discipline dello spettacolo, con particolare riferimento alla storia della musica, del teatro, della danza e del cinema.
Ho partecipato a corsi e stage di danza i primi anni, e poi ho cercato di approfondire lo studio della tecnica coreografica applicata al pattinaggio che è il campo che più mi interessa.
Ho lavorato con diversi professionisti del settore durante gli anni e ognuno ha contribuito ad arricchire il mio bagaglio personale sia da un punto di vista teorico che pratico soprattutto in prospettiva della formazione di una mia personale visione della composizione coreografica

Ad oggi ci sono delle cose che vorresti consigliare a qualcuno che si affaccia a questo lavoro?

Passione, curiosità, apertura mentale e culturale, umiltà, sono molto importanti dal mio punto di vista.
Inoltre coltivare la propria anima è linfa vitale di questo percorso. In generale direi che l’arte coreografica è talmente sfaccettata e complessa che richiede una totale dedizione.

Qual’è stato il momento più bello di questa carriera?

Tantissimi sono stati i momenti belli e mi reputo molto fortunato di poter lavorare con pattinatori che rappresentano l’eccellenza di questo sport. Tuttavia la più grande soddisfazione per me è trasmettere quotidianamente ai pattinatori con i quali lavoro questa passione.
Sviscerare le loro qualità umane, renderli più consapevoli del proprio vissuto da trasferire poi in pista, che è il compito più faticoso in definitiva di questo lavoro ma che poi dà tanta soddisfazione. Mi piace indagare e sbirciare la parte psicologica ed emozionale dei pattinatori al fine di renderli più liberi di comunicare la propria autenticità ed unicità.

Hai qualche sogno nel cassetto per il futuro?

Ho imparato a lasciare che le cose arrivino e a seguire il flusso.
Confido in cose buone e in buone persone

Pensi che un atleta che termina la carriera ad oggi ci siano buone possibilitá di intraprendere una carriera professionale in questo ambiente?

Assolutamente sì. Abbiamo bisogno di “belle anime” non solo in questo ambiente ma in generale.
Importante è l’umiltà con la quale si affronta e la volontà di evolvere il nostro ambiente al di là delle gratificazioni personali fine a se stesse.

 

 

Intervista di Camilla Brusa

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